La quinta parola: da Bagheria alla conquista del Mondo…Tony Lo Coco

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Parlare con Tony Lo Coco è un po’ come fare una chiacchierata al bar con un tuo amico: pochi fronzoli, molta praticità, tanta sostanza.

Il suo ristorante, I Pupi, una stella Michelin, è un punto di riferimento importante per tutti coloro i quali amano la cucina gourmet siciliana.
Insieme a sua moglie Laura Codogno, vera regina del locale, lo gestisce con amore e dedizione, sentimenti che li legano fortemente anche a Bagheria, località a pochi chilometri da Palermo, terra dalla quale non intende muoversi, ma dove anzi sta continuando a costruire e investire tempo, risorse ed energie; proprio in questi giorni infatti, sta per nascere la sua seconda attività, Unetto, un format dove poter gustare ottimi panini gourmet e vivere momenti di convivialità.
Ama definirsi un cuoco e non uno chef, ha i piedi per terra ma continua comunque a sognare. In questa intervista tra presente, passato e futuro viene fuori un suo ritratto, attraverso quattro parole proposte da me e la quinta scelta da lui.

 

La prima parola è: Profumi

“Sono un appassionato di profumi, ne ho una collezione, amo averne molti e ad ognuno di essi associo un ricordo o un momento della mia vita, per me sono molto importanti. Ovviamente sono altrettanto importanti anche i profumi della mia cucina: dal profumo riesci a capire se un piatto è buono o meno o se ha bisogno di essere corretto.
Il primo profumo che mi lega alla cucina è quello del gelsomino, profumatissimo fiore spontaneo estivo, che mi ricorda i momenti di allegria e spensieratezza; ma mi piacciono molto anche i profumi agrumati, essendo nato e cresciuto nella Conca d’Oro ( la pianura sulla quale è adagiata la città di Palermo ed alcuni centri abitati del suo hinterland, tra cui Bagheria, nota tra l’altro per la coltivazione di agrumi squisiti) penso sia inevitabile.

Da piccolo abitavo in periferia, e l’odore dei limoni del mio giardino è uno di quelli più nitidi nei miei ricordi.
Devo ammettere di non essere stato da bambino un cultore della cucina, non ero curioso e non ero nemmeno molto goloso, anche per via di alcune intolleranze che mi hanno accompagnato fino all’adolescenza, da quel momento in poi invece ho iniziato ad apprezzare di più piatti e pietanze. Uno dei dolci che amavo e che tuttora mi piace molto è un dolce tipico bagherese, la sussa di miele: un composto di farina di mandorle, pistacchi e miele; era tradizione acquistarlo nel periodo dei morti ma adesso si trova anche durante l’anno.
Oggi invece mi piace tutto quello che è il buon cibo. Amo le cose semplici, genuine, i prodotti legati alle varie stagioni: mangiare un buon pane con un buon formaggio, specie se condiviso con le persone giuste, mi rende felice.

La seconda parola è: I Pupi

I Pupi per me rappresentano la svolta, è il nome del mio ristorante: ho preso spunto dai “mostri” (statue raffiguranti animali fantastici) presenti nella Villa Palagonia di Bagheria.
I Pupi sono il cambiamento e la sfida che abbiamo voluto intraprendere io e mia moglie Laura, passando dalla certezza e dai grandi numeri, anche economici, che facevamo nel mondo della banchettistica all’incertezza del mondo gourmet, per noi del tutto nuovo e sconosciuto. Io infatti non provengo da scuole di cucina e non ho avuto maestri stellati, tutto quello che ho creato e il punto in cui sono arrivato è solo frutto delle mie esperienze e delle mie capacità.
Il cambiamento non è stato semplice, soprattutto i primi anni: siamo passai dall’avere un’azienda con 34 dipendenti ad un ristorante in cui eravamo appena 3, ricominciando da zero. Non è stato un periodo felice, anche perché immettersi in un mondo dove non sei il protetto di nessuno e crearti il tuo spazio è stato impegnativo; sia io che mia moglie Laura sapevamo che questa era la scelta che ci gratificava di più e su quella abbiamo continuato a puntare, come fanno i ciclisti che per scollinare pedalano a testa bassa, noi abbiamo continuato a lavorare non guardando la salita ma affrontandola un passo alla volta, e dopo un po’ di tempo abbiamo oltrepassato quella salita che sembrava ripidissima, devo ammettere però che ci sono stati momenti veramente duri, le giornate da zero coperti erano angoscianti, non è facile entrare nel mondo del gourmet: devi stare sempre al passo e offrire il meglio. Oggi siamo visti come un ottimo ristorante e la cosa non può che gratificarmi e rendermi soddisfatto per tutti i sacrifici fatti insieme a mia moglie ed alla mia brigata.”

La terza parola è Sensualità

“La sensualità in cucina deve esserci sempre: io sono un cuoco molto passionale. Da buon scorpione, nel mio modo di vivere l’amore cerco sempre di gratificare il partner; allo stesso tempo cerco di adottare la stessa filosofia in cucina: i piatti non devono appagare chi li prepara ma chi li mangia . Quando metti sensualità e passione in ciò che fai e riesci a trasmetterlo agli altri hai centrato il tuo obiettivo. Occorre infatti lasciare un segno, un ricordo agli ospiti che vengono a trovarci, i nostri piatti devono essere riconoscibili, è un po’ come avere un marchio di fabbrica.”

La quarta parola è futuro

Mia moglie mi bacchetta spesso perché dice che sono troppo esplosivo e voglio fare mille cose ed in parte ha ragione. Futuro per me è riuscire a portare il nome de I Pupi e di Tony Lo Coco in un concetto di enogastronomia mondiale: il mondo deve sapere che a Bagheria c’è un cuoco e che se vogliono possono venire a provare la sua cucina.
Tra i progetti a più breve termine, è imminente l’apertura di un nuovo locale, sempre a Bagheria, in cui sarà possibile gustare panini gourmet, alla portata di tutti, ma con un occhio di riguardo  alle materie prime e alla qualità.  Dopo i panini sarà la volta di una trattoria gourmet, una sorta di bistrot dall’ambiente informale, e successivamente anche delle suites da affittare.

Abbiamo volutamente deciso di restare a Bagheria, nonostante le numerose inviti che ci proponevano di spostarci a Palermo ma non solo. Io avrei potuto aprire ovunque, ma qui a Bagheria ho il mio regno.
Oggi i clienti arrivano da ogni parte del mondo per venire a provare i miei piatti, e questa per me è la soddisfazione più grande, quella che mi fa capire che la strada è quella giusta, bisogna continuare a perseguirla.

La quinta parola scelta da Tony Lo Coco è Grinta

La grinta è quella cosa che sento in questo momento, la forza di continuare ad andare avanti, a non adagiarmi nonostante i risultati già raggiunti; occorre sempre guardare al futuro, alzare un po’ alla volta l’asticella, ed io in questa fase della mia vita  ho proprio la grinta necessaria per affrontare tutto questo, non temo niente e nessuno.
Grinta è anche la voglia di continuare a crescere e di portare innovazione nella nostra Sicilia, e, cosa molto importante, continuare a far crescere il nostro territorio.

Mi sento carico per portare il nome de I Pupi e di Tony lo Coco in giro per il mondo, mantenendo sempre la consapevolezza che lo chef e la persona sono sempre due cose diverse, consapevolezza che non tutti i miei colleghi hanno. Sento troppo spesso parlare solo di guide, cappelli, forchette, numeri: mettere davanti i titoli significa avere pochi argomenti, la cucina non è fatta principalmente di cappelli, è fatta di emozioni e di gente che cucina. Io amo fare il cuoco e tutto il resto per me passa in secondo piano, provo gioia se riesco a trasmettere ai miei commensali delle emozioni ma sono consapevole di non stare salvando il mondo, non voglio e non mi serve nessun piedistallo.

di Angela Amoroso

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