Non c’è complice migliore di una nonna che ti ama

Life
nonna e bimbo

Io per la nonna ho un debole.

 

Sarà che la mia nonna era la nonna più galla del mondo, il mio sole e andandosene si è letteralmente portata di via un pezzo di cuore.

Sarà che sono stato fortunato.

Sarà che mi ritrovo a casa, con la mia famiglia, dopo mesi di lontananza a causa del lockdown per cui sono particolarmente – sdolcinatamente, molto
poco virilmente – emotivo.

Sarà quel che sarà ma fatto sta che Io per le nonne c’ho sta cosa.

Sta passione sviscerata che mi fa sorridere quando le incontro per strada così fiere ed eleganti nella loro fragilità. Così concentrate a stare belle dritte anche
quando sono state piegate dalla vita. Con quella pelle trasparente, fatta di carta velina.

Perché i nonni hanno questa incredibile magia: di non deludere mai. Di non diventare umanamente fallibili.

Di far parte della vita di un nipote ma di rientrare nelle dinamiche della vita che crescendo ti portano a scoprire che mamma e papà non sono quei supereroi senza macchia e senza
paura che credevi da piccolo, ma degli esseri umani, fallibili, fragili.

Che hanno fatto degli errori, ne stanno probabilmente facendo e ne continueranno a fare: proprio come te.

Le nonne, in particolare, sono un’invenzione bellissima.

 

E, tra tutte quante, il fuoco per l’uomo di Neanderthal, la macchina di Touring per gli alleati, la Chiara Ferragni degli influencer, il vero colpo di genio insomma, era mia nonna Mary.
Nonna Mary era una forza della natura.

E, con il suo peso (non solo figurato), ha segnato la mia natura.

Avete presente quelle vecchiette fragili, dall’educazione di altri tempi? Quelle per cui il “non sta bene” conta più di un’accusa di strage di massa?

Ecco Mary non era così.

Antesignana di Gilmore Girls, una vera e propria nonna per amica.
E non un’amica di quelle che ogni tanto non capisci cosa pensano e che non si fa mai interpretare del tutto. Una di quelle senza peli sulla lingua.
Senza filtro.

Mi piacciono le persone senza filtro.

Le respiro meglio.

 

Quando mia madre disperata non sapeva più come farmi uscire dal loop di incomprensione legato alle ali e al miele, è stata lei a parlarmi di sesso.

Quando le mie zie ci vietavano di fare casino in cucina, lei ci permetteva di giocare con tutto.

Di impastare, far nevicare farina, interrogarci sulla pre-esistenza della gallina e dell’uovo sezionandone anche intere confezioni, leccare con la punta del dito il fondo degli impasti.

Quando io e mio cugino, quattordicenni e ancora inconsapevoli al mondo esistesse qualcosa di più eccitante di un pallone da calcio, venivamo spediti a casa che non se ne poteva più del nostro casino, era nei suoi corridoi che ci rifugiavamo a giocare.

Rompendo regolarmente almeno una porta a vetri, forti del suo ritornello “si rompono le persone, figuriamoci le cose”.

Se, con il senno di poi, potessi racchiudere l’essenza di nonna Mary in un’essenza ci metterei tutto, e il contrario di tutto.

compleanno

Inamovibile quando si trattava del portare rispetto a lei e, ancor di più, a nonno Gino, era del tutto indifferente a quelle convenzioni sociali che rovinano inevitabilmente la vita di qualsiasi bambino obbligato a restare seduto a tavola per ore, in (im)paziente attesa di un via libera.

Una donna felice della propria vita.

Eppure percorsa da un velo di malinconia legato, capisco oggi, alle vicissitudini di una vita fatta di scelte estreme, mai rimpiante ma mai prive di un qualche conseguente schianto.
150 cm di puro sangue yankee Mary era la protagonista indiscussa di quel romanzo che chiamiamo vita.

Uno Shantaram (MA) lieve come una piuma, che non si stancava mai di raccontare.

La sua è la storia di una figlia diseredata.
Di una madre determinata.
Di una cuoca appassionata.
Ma, più di tutto, la sua è una vera storia d’amore.

Si innamorò (perdutamente) di mio nonno in occasione di una vacanza in Italia, e fu subito fuitina.
Decisione per la vita.
La favola più romantica mai sentita, ma anche passione mai sopita e, soprattutto, sempre e comunque gelosia più accanita.

Decisa fino all’ultimo dei suoi giorni a tenersi stretto mio nonno, la storia di famiglia narra di incursioni nei cesti della biancheria alla ricerca di indizi rivelatori, di interrogatori incrociati, addirittura, di appostamenti organizzati e pedinamenti camuffati incurante a qualsiasi argomentazione o resistenza mossa delle, inesorabilmente coinvolte, figlie.

Tanto imperiosa quanto alla mano, la sua casa era un via vai continuo di parenti, amici e vicini.
L’incarnazione vivente di “aggiungi un posto a tavola” di Dorelli.
Ricordo tavolate, risate, pranzi che diventavano cene e cene che diventavano nottate speciali.

Appuntamento fisso dell’agenda settimanale i 3 incontri per il pokerino con gli amici, Mary era una di quelle persone che, in un attimo, ti faceva sentire a casa.
Di famiglia.
Desideroso di diventarne immediatamente il beniamino preferito.

Forse per merito di quel modo di parlare tutto suo, eredità di un italiano imparato a spizzichi e bocconi a 9 anni (più spizzichi e imprecazioni dato che leggenda vuole che i suoi primi timidi approcci alla lingua fossero stati “cornuto” e “buttana”), in occasione del suo primo viaggio in Sicilia, e costituitosi poi in un solidissimo siculo-americano avanzatissimo, tale che, ne sono convinto, chiederle di parlare uno dei due idiomi separatamente avrebbe definitivamente sancito la sua incapacità di prescindere da una lingua tutta sua.

Che sapeva di magia, di terre lontane, di semplicità, di profondità, di casa.

Forse per la sua voglia di vivere e fame di vita.
Di emozioni. Di sapori. Ecco soprattutto di sapori, incurante dei giudizi della società e della medicina, calcolando che, affetta da diabete, preferiva farsi 3 punture di insulina al
giorno piuttosto che rinunciare alla sua passione sfegata per il gelato.
Che riusciva a far comparire ovunque – e far sparire con la stessa maestria e velocità.

Fedele tutta la vita a Anais Anais di Cacharel, persino lei sapeva di quel dolce voluttuoso che ti avvolge come una ventata di Primavera al primo respiro.

Forse perché era una donna tanto curiosa quanto vanitosa.

Manicure, pedicure e parrucchiere erano per lei impegni fissi sacri settimanali per cui non ricordo giorno, anche quando il suo corpo le urlava in tutti i modi “fermati”, in cui mani piedi e capelli non fossero perfetti.

Forse perché, donna incrollabile e di forza invidiabile, è sempre rimasta una bambina, incapace di evitare qualche sorta di marachella all’insaputa – più o meno reale – delle figlie.

 

Ricordo come fosse ieri il modo in cui si convinceva di farci tutti fessi producendo kg e kg di gelato a base di frutta e saccarina diabete-friendly, per poi sostituirlo con confezioni più che industriali dei peggiori gelati industriali.

A cui non escludo aggiungesse pure dello zucchero.

Forse perché non aveva paura di dichiarare ad alta voce che ognuno di noi ha bisogno di un piccolo lusso, di qualche piccola concessione di tanto in tanto.

Sicuramente perché la morte può impedire di ritrovarsi, ma non può porre fine all’amore.

Lei è con me. Per sempre. è ancora lì nel mio cuore, nella mia memoria e nella sua cucina, e so che rimarrà sempre accanto a me, tenendomi compagnia sino alla fine.

Tanto che potrei continuare per giorni. Annoiandovi, voi sì, a morte definitiva.

Non sto spoilerando dicendo come finirà questo mio panegirico.

È un racconto di cui già si conosce la fine: la protagonista muore.

La cosa più importante, in fondo, non è come va a finire, ma in che modo ne riempiamo le pagine.
Perché la vita, come un romanzo, deve essere un’avventura.

E le avventure sono le vacanze della vita.

Nonna Mary è stata un avventuriera.

Come tale ha vissuto e, come un’esploratrice se ne è andata.

Appesantita lei che era così piccina dai troppi acciacchi e volata via più lieve del Piccolo Principe.

Ma non ci ha lasciato solo le stelle.

Le stelle brillano, ma sono fredde, sono lontane.
Dicono addirittura continuino a brillare quando smettono di esistere.

Allora forse tutte le nostre nonne sono sempre state delle stelle, che ad un certo punto si limitano a volare in cielo.

Nonna Mary è volata in cielo trasportata da un cuore la cui grandezza era indirettamente proporzionale alla forza.

Grandezza incommensurabile, grandezza galattica, grandezza eccessiva.

Grandezza capace di far sentire ciascuno a casa e di essere la casa di ciascuno.

Grandezza capace di stupire per la propria semplicità.

Un sole pacato e caldo capace di cacciare le ombre, illuminare le zone più cupe, appianare gli spigoli e far sembrare tutto più bello.

Un panno caldo da stringere durante l’inverno, una brezza sempre nuova capace di rinfrescare le situazioni più torride.

Non posso più festeggiare ogni giorno con lei, ma posso festeggiare all’infinito ricordando ogni dettaglio di lei.

Mary, noi di te ci ricordiamo tutto.

E ogni ricordo ci fa sorridere, perché ogni secondo con te è stato gioia.

Sono infiniti i motivi per dirti grazie, come sono infiniti i ricordi per non pensare a te solo come una dolce vecchina bloccata su quattro rotelle che ti sono sempre state troppo strette.

Grazie Marycchia.

 

“Gli zii e i cugini sono una cosa buona. I genitori non sono da trascurare. Ma una nonna li vale tutti.”

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