Quarantena e quarantenni… piccolo vademecum per sopravvivere

Life

“Quarantena”.

Una di quelle parole che imparare (ed approfondire, leggendo allegria-Mazoni) al liceo ti faceva apparire utile, in un’ottica di bagaglio culturale futuro, imparare a fare le radici quadrate manualmente.

“Quarantena”.


Ciò che ci fa riunire tutti davanti alla televisione ogni sera, con l’entusiasmo di chi si riunisce per una colonscopia collettiva.

Una volta che le hai dette, le parole sono irrecuperabili. Possono essere bombe.

idee-confuse-in-quarantena
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Passi la vita a credere che un giorno qualcosa di incredibile accadrà, salvo poi accorgerti che la realtà è molto meno romantica di quanto pensi.
È vero, i sogni qualche volta si presentano alla tua porta, ma solo se ti sei preso la briga di invitarli. Altrimenti puoi star certo che la serata la trascorri da solo.

O, mal che vada, con qualche spiacevole ospite a sorpresa.

Ho sempre pensato che un senso alla propria vita lo dà cosa lasciamo alla storia.
Oggi mi rendo conto come sono gli eventi inaspettati della vita a fare la tua storia, mentre a te rimane la sfida di trovarvi un senso.

La vera magagna l’abbiamo intuita tutti. Del resto sarebbe stato difficile ignorarla, visto che salta fuori in ogni contesto possibile, nonostante si provi con tutte le proprie forze a fare finta di nulla.

Proviamo tutti un continuo senso di fastidio, che non abbiamo più modo di soffocare nella solita, pratica soluzione: rimanere soli con se stessi è faticoso.

Obbliga a fare i conti con i propri fallimenti (sentimentali, professionali, famigliari, sportivi…) guardando la parete bianca di fronte a te.

Così eccoci qui, mandati a monte anni e anni di professionalissima rimozione del problema in attesa del momento giusto, impossibilitati ad attaccarci con la tenacia e la disperazione di un rampicante a “quanto decenti saremo da grandi”. Salvo poi scoprire, quasi sempre, che la decenza non è più neppure il minimo garantito.

Certo, passeremo alla storia.
Ma come ci passeremo, è tutta un’altra storia.

Ricordiamoci che ai nostri nonni fu ordinato di andare in guerra.
A noi stanno chiedendo di stare sul divano. In compagnia, quando è possibile, di quelle 20-30 gocce di sempre-lodato-sia-Minias, capace di regalarci uno stato di galleggiamento provvisorio.

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Eppure, questa contumacia, questo isolamento forzato, ci fa sentire, per la prima volta nelle nostre vite, in uno stato di prigionia.

Certo, questa cosa che devi essere sempre presentabile durante la quarantena perché arrivano videochiamate in continuazione e ti taggano ovunque ti tiene connesso al mondo.


Ma mai come ora, dal momento in cui il coronavirus ha chiuso le porte della nostre città, non viviamo che nella separazione, siamo stati tagliati fuori dal calore umano che fa tutto dimenticare.

Con gradazioni diverse, in tutti gli angoli della città, uomini e donne (non parliamo degli amanti) aspirano a un ricongiungimento che non è, per tutti, della stessa natura, ma che, per tutti, è egualmente impossibile.

Una questione filosofica: se un albero cade in una foresta e non c’è nessuno a sentirlo, fa rumore?

E se, di tanto in tanto, un uomo completamente solo parla a una pianta in un vaso, è pazzo da legare?

Sono sicuro che sia perfettamente normale parlare da soli ogni tanto.

Fintanto che non ci si aspetta una risposta, è ovvio.

A volte si ha un bisogno disperato di credere che da un cilindro possa saltar fuori un elefante.


Il mio elefante, oggi, si chiama lato positivo.

Che per un quarantenne ipocondriaco, il cui unico raccolto a fine giornata è il numero dei morti, è un’impresa che Massimo Decimo Meridio levate.

E con questa citazione mi sento di confermare che la mia cultura, come era solito dire mio padre, è più vasta che profonda, lo so.


Ma ci sono due modi di affrontare le cose, con disperazione o con ironia, e nessuna delle due cambia le carte in tavola. Il risultato finale non spetta a noi deciderlo, ma come trascorrere gli ultimi cinque minuti di recupero sì.

Ecco quindi, e senza traccia di acolicità, cosa auguro a tutti coloro che come me, vivono in questo irreale mondo da quarantena da coronavirus, come una seconda possibilità per portarci dove chissà, ma sicuramente, volendolo, oltre la nostra basica inalterabilità.

o   Diamo un taglio, dimentichiamo proprio, mettiamo una croce sopra all’amore non corrisposto, un’invenzione inutile, a pensarci. Ci sono tante persone sole al mondo che potrebbero incontrarsi, amarsi, essere felici, fare figli, tradirsi e poi lasciarsi, invece molti perdono il tempo a inseguire chi a stento si accorge della loro esistenza.

o   Trovate qualcuno/qualcosa per cui valga la pena cambiare i propri piani. per cui prendere in considerazione la possibilità di umiliarsi e di implorare. Perché quando sai chi o cosa vuoi nella tua vita, perché le tue giornate non sono più soltanto un susseguirsi di eventi. Nemmeno quando capita che scorrona inesorabilmente uguali, una dopo l’altra, una settimana dopo l’altra, in pigiama e in compagnia di Netflix.

o   Non affezionatevi ai bonsai. Dico davvero. Qualcuno li ha allevati con cura per anni e poi arrivi tu e puf… morte certa. Schiattano sempre nel momento meno opportuno, i bastardi.

o   Stupitevi. Stupitevi sempre. Innanzitutto della capacità di ridere insieme. Il mondo è un posto abbastanza triste; inutile perdere tempo con le persone che non ti aiutano a sentirti meglio, no?

o   Non vi risparmiate, mai, che tutto ciò che non si dice, prima o poi, cerca voce. E se non gliela dai al momento giusto, poi avrà quella dei rimorsi, della ruggine, dell’irrisolto. Non c’è scampo. Buttati. Sii vittima di qualche passione e carnefice di qualche conformismo.

o   Non è mai troppo tardi per essere ciò che vuoi. La differenza tra quello che sei e quello che vorresti diventare sta in quello che fai e in come lo fai (ok, questa non è mia, l’ho beccata in un post auto-motivazionale, ma faceva tanto uomo illuminato).

o   Fatevi prendere in giro, a patto che chi lo faccia vi prenda (come siete) e basta.

o   Forse non andrete sulla Luna, ma potrete sempre vantare di avere qualcosa in comune con Armstrong: i primi astronauti a visitare la Luna furono messi in quarantena al momento del loro ritorno in un Laboratorio di Ricezione Lunare appositamente costruito.

o   Leggete. “I libri servono per mostrare a un uomo che ogni suo pensiero originale non è poi così nuovo” – Abraham Lincoln. Anche se Maria Antonietta l’aveva detto prima di lui. E così via. Shakespeare, tutti loro.

Ogni cosa che può essere affermata è già stata affermata. Ogni cosa che può essere fatta, provata e sentita, è già stata fatta, provata e sentita. Forse non sarete i primi dunque.

Ma pagina dopo pagina scoprirete di non essere certo gli ultimi.

Certo. Il nostro presente è condizionato dal nostro passato, le paure, le insicurezze – la perdita. La peste.

Gli omini viola delle pubblicità anni ’80 sull’HIV. La convinzione che se avessi incrociato per troppo tempo gli occhi da piccolo ti sarebbero rimasti incastrati.

Ma ho capito che non esistono persone più coraggiose di altre, c’è solo chi affronta il dolore quando deve essere affrontato.

Certo. Da siculo espatriato, lontano da casa, dai miei genitori – la mia non è una famiglia avara di coccole, ma non stiamo neanche a saltarci addosso di continuo come fossimo zainetti, eppure, anche solo il loro abbraccio mensile mi manca – dalle persone a cui voglio bene, impossibilitato a tenere tutti sotto (il mio stretto) controllo, in balia degli eventi che fanno sì che io oggi affacciandomi alla finestra non veda il mare, ma, ahimè, i monti, faccio fatica a fare 24h su 24 il gioco della felicità. E del resto, grazie a Dio, assomiglio meno di zero a PollyAnna.


Ma perché non posso ignorare queste nuove paure e apprezzare quello che ho?

Perché non limitarmi ad approfittare di questi giorni di forzata quarantena, per interrogarmi su chi cavolo, in fondo, io sia mai?

Chef. Blogger. Social Media Manager. Influencer. Insegnante. Presentatore. Testimonial. Volontario. Fine Abbindolatore. Pescatore. (Grande) Bevitore. Pr. Ex funzionario della regione Sicilia. Futuro Imprenditore. Al presente alla ricerca del proprio vero cuore.

La conoscenza di sé si impara molto più lentamente di qualsiasi altra lezione. A dire il vero alcune persone non ci si avvicinano nemmeno e forse nessuno la conquista del tutto.

Non abbiamo forse davvero il controllo di nulla, e il luogo in cui siamo arrivati grazie alla nascita e alle nostre esperienze di vita, nonché alla miriade di scelte che abbiamo fatto lungo il cammino è solo uno degli enneluoghi dove il fato avrebbe potuto condurci.

L’unica cosa su cui abbiamo un qualche controllo è la nostra prossima scelta.

Perché in fondo, per quanto sia duro ammetterlo, è proprio in momenti come questi che possiamo combattere contro il dato di fatto ineluttabile che siamo tutti dei falliti, altrimenti non ci sarebbe il mondo che c’è.

Tutti, anche il Presidente della Grande Nazione, che controlla la valigetta con i codici nucleari ma avrebbe voluto essere una star del cinema.

Se scavi un poco, scopri che il Nobel per la matematica desiderava essere un campione di scacchi e che il famoso imprenditore darebbe buona parte del suo patrimonio per diventare il piú popolare dei cantanti confidenziali.

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Siamo talmente abituati all’insoddisfazione che la stimiamo una condizione del tutto normale e accettabile, anzi, uno stimolo a migliorarci, una buona sorte dolorosa i cui benefici comprenderemo col trascorrere del tempo. In quest’ottica, anche il mal di denti può esser visto come una forma di dieta molto efficace.

Hai sempre in mente un viaggio per un luogo inaspettato e poi ti accorgi di essere tu stesso il luogo e forse non è lui a cambiare veramente, a strapparti dal cuore le radici primordiali.

Tu cambi e cambiano gli occhi con cui ti guardi, ogni volta che ritorni in quel luogo che sei tu.

Dovresti provare a lasciarlo sempre più accogliente ogni volta che te ne rivai, ogni volta che riparti e questo per chi arriverà, non solo per te.

Probabilmente è qui il senso del viaggio, questo è ciò che ho capito, con la lentezza inesorabile del tempo che non passa e il sorriso di chi ami che diventa un ricordo a cui ti cerchi di ancorare.

Ti fai domande a cui rispondi e poi la vita te le mescola di nuovo. Ma se ti occorre una risposta che non sia fuori tempo ne esiste solo una, alla fine, quello che conta è essersi posti la domanda giusta.

La nostra, in questi giorni, è solo “cosa mangiamo”.

Dimenticato il fisico da milanese-tipo con gravi turbe mentali che si sveglia alle sei del mattino per andare a correre al Parco Sempione, abbattuti al pensiero del fisco, ritroviamo le gioie del fiasco (di vino) e del cibo da fischio.

La quarantena non era nei piani? Non importa. I piani non servono a niente, i piani sono illusioni perché la vita sembri meno ripida.

E chissà che anche voi come me, cucinando, ritroviate quella sensazione strana e insolita, di leggerezza e calma, come se aveste mangiato i raggi del sole.

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