Ravenna incanta tra mosaici e cappelletti

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Dante e Beatrice a Ravenna murales

Una scorpacciata di cultura, mosaici e calorie, questo potrebbe essere il claim della mia ultima fuga da Milano, direzione Ravenna.

Prima che la bomba #coronavirus esplodesse, prima che a preoccuparci fosse uscire di casa e non tornarci sani e salvi, prima che chiunque fosse pronto ad additarti con un “stattene a casa tua lumbard”.

Prima che prendere un treno fosse considerato una scommessa contro il destino.

Appena una decina di giorni fa, facevo conoscenza con una bellezza di quelle che non smettono mai di stancarti negli anni, di quelle che più le guardi più ti innamori, di quelle che, come mamma insegna, sanno che vero amore è (anche) riempirti la pancia: Ravenna.

Oggi considerata tra le città più importanti dell’Emilia Romagna.

Ravenna ha incantato ben più del sottoscritto nel corso della sua storia, finendo per fregiarsi per ben tre volte nella sua storia del titolo di capitale.

Ravenna “capitale”

E non una capitale qualunque, ma LA capitale dell’Impero Romano d’Occidente, del Regno degli Ostrogoti e dell’Esarcato Bizantino. Una storia importante che ha lasciato le sue testimonianze sull’intero territorio, con 8 siti riconosciuti patrimonio dell’umanità dall’UNESCO ed un’estensione provinciale che va dalle spiagge di Marina di Ravenna fino all’entroterra con le colline di Brisighella.

Conosciuta in tutto il mondo come la città dei mosaici,

la Donzella è per noi italiani terreno di un ulteriore valore inestimabile: quello delle spoglie del “sommo poeta”.

Una storia, quella delle reliquie dantesche, degna di per sé di un racconto a sé stante, commedia nella commedia.

L’attuale Tomba di Dante, e i chiostri francescani, nei quali ha sede il Museo Dantesco, parte della cosiddetta “Zona del Silenzio”, sono infatti solo l’esito finale, di una sepoltura dietro alla quale intrighi, manipolazioni e frodi sono degni di un girone del cantico.

Contesa tra toscani e ravennati, la spoglia del poeta fu infatti al centro di un tira e molla fatto di colpi di scena il cui climax coincise con un raggiro in piena regola: convinti i toscani di aver rinunciato alla contesa e di essere disposti a cedere il “tesoro”, i ravennati fecero pervenire a Papa Leone X in perfetta pompa magna un’ara apparentemente impeccabile, ma di fatto… completamente vuota.

I resti erano stati trafugati dai frati della basilica di San Francesco e messi in salvo! Uno “scherzo da prete” che permise ai resti tanto contesi, di riposare indisturbati nella “propria” città.

Come dire che Dante, ciò che poté in vita, condurci lungo il cammino e la scoperta dell’animo umano, poté anche in morte.

tomba di Dante a ravenna
Tomba di Dante

A fianco al mausoleo dantesco trova spazio un altro luogo di culto che ha fatto storia:

il giardino con il Quadrarco di Braccioforte, che prende nome da una leggenda secondo la quale due fedeli prestarono un giuramento invocando il “braccio forte” di Cristo, la cui immagine era posta in quel luogo

Alcuni monumenti rientrano tra le tappe d’obbligo, anche per chi, come me, si ripromette ogni volta di dedicarsi ad un tour alternativo cercando di evitare le sempreverdi trappole per turisti.



Alcuni monumenti rientrano tra le tappe d’obbligo, anche per chi, come me, si ripromette ogni volta di dedicarsi ad un tour alternativo cercando di evitare le sempreverdi trappole per turisti.


Partiamo con il Mausoleo di Galla Placida e la Basilica di San Vitale, la cui vicinanza geografica ci permette di fare subito doppietta.


Galla Placidia, chi era costei? 

Sorella dell’Imperatore Onorio, questa tutt’altro che fragile nobildonna vanta un’interessante biografia per la sua influenza e tenacia nell’influenzare le decisioni politiche e religiose del suo tempo:

visse intorno al IV-V secolo D.C. fu, infatti,  la vera artefice del trasferimento della capitale dell’Impero Romano d’Occidente da Milano a Ravenna.

Mai realmente utilizzato come tomba per le sue spoglie, il Mauseoleo è uno dei monumenti più belli e affascinanti di Ravenna. 

Essendo progettato come edificio funebre i suoi mosaici, tra i più antichi di Ravenna, celebrano la vittoria della vita eterna sulla morte.

Prendetevi tutto il tempo necessario e non abbiate fretta:

entrare nel Mausoleo di Galla Placidia, sotto la cupola dominata dalla Croce in una volta di stelle su uno sfondo blu, è un po’ come passeggiare  in una notte incantata di 15 secoli fa!

Poco distante dal Mausoleo ecco la Basilica di San Vitale, una delle più importanti testimonianze dell’arte paleocristiana in Italia, perfetto esempio della fusione di elementi della tradizione romana occidentale che orientale.

A rendere memorabile la visita sono inoltre una serie di curiosità meno conosciute e particolari:

dal labirinto raffigurato sul pavimento accanto all’altare seguendo le cui frecce, si arriva al centro della Basilica, simbolo delle tortuosità della vita umana, alla fine del quale vi è però la grazia divina ai bellissimi mosaici “didattici” che raccontano la nascita del Cristianesimo.

Una specie di libro illustrato contemporaneo per la popolazione del V secolo, che al tempo aveva proprio nelle immagini il proprio principale mezzo di conoscenza.

Per completare la “top 10” delle tappe da visitare per poter dire di aver avuto una liason con Ravenna,

ecco il Battistero degli Ariani , del cui interno rimane decorata la sola cupola, rivestita di mosaici che raffigurano i 12  apostoli che rendono omaggio al Cristo, secondo la particolare interpretazione che ne diede l’Arianesimo.

Segue – da non confondere con Sant’Apollinare in Classe, definita “il più grande esempio di Basilica Paleocristiana“,

che si trova fuori dal centro storico, a 8 km da Ravenna – la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, sede del più grande ciclo di mosaici del mondo.

Pensata come una vasta operazione di riabilitazione culturale del cirstianesimo, portata avanti dall’Imperatore Giustiniano, la Basilica è un viaggio nell’arte e nella storia della cultura di 15 secoli fa:

alla sua genesi è infatti da collegare la cancellazione dai precedenti mosaici di ispirazione eretica, della figura dell’Imperatore e di altri personaggi, ricoperti da drappi bianchi.

Dal santo al profano passando per il Mausoleo di Teodorico, realizzato interamente in blocchi di Pietra d’Istria per volere dello stesso Imperatore,

dove a prevalere e l’aurea profana della leggenda, secondo la quale la vasca in porfido rosso che si trova al piano superiore è la stessa in cui trovò la morte l’Imperatore barbaro.

Spaventato dai fulmini, in un giorno di temporale si rifugiò nel suo mausoleo, ma un fulmine venne a colpirlo proprio mentre stava facendo il bagno.

E, ancora, imperdibile Il Battistero (della antica cattedrale) degli Ariani, fatto costruire all’epoca del re ostrogoto Teodorico, inserito, dal 1996, nella lista dei siti italiani patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Una città dalla storia stratificata, di cui è impossibile ricostruire tutti i tasselli quella di Ravenna, che, non a caso, trova proprio nelle opere d’arte composite che sono i mosaici una delle sue caratteristiche fondanti.

Una chicca tra tutti?

La Domus dei Tappeti di Pietra, collocata nei sotterranei della chiesetta di Santa Eufemia e costituita di 14 ambienti pavimentati con mosaici e marmi appartenenti ad un edificio privato bizantino del V-VI secolo D.C. 

Situato circa 3m sottoterra il sito fu ritrovato fortuitamente nel 1993 durante i lavori per la costruzione di alcune autorimesse sotterranee in via D’Azeglio 47.

Venne alla luce un palazzo interamente decorato con meravigliosi mosaici e intarsi marmorei, databile al periodo bizantino. Le pavimentazioni musive sono decorate con elementi geometrici, vegetali e figurativi, per una superficie complessiva di 700 metri quadri. 

Sempre nel sottosuolo risiede l’inaspettata meraviglia del pavimento della cripta della Basilica di San Francesco. Costantemente sommerso d’acqua, permette tuttavia di ammirare i frammenti musivi del pavimento della chiesa originaria, di cui poco altro rimane. Da una finestrella sotto l’altare è possibile sbirciare la cripta a tre navate e/o esprimere un desiderio lanciando una monetina nella piccola piscina.

Basilica di San Francesco

Ben più fervente, il desiderio espresso da Galla Placida in seguito a un voto fatto all’evangelista Giovanni durante la perigliosa traversata che da Costantinopoli la ricondusse a Ravenna nel 424. Non portò solo a una piccola donazione ma all’edificazione della Basilica di San Giovanni.

Di fatto la chiesa più antica della città, la basilica è molto amata anche per la cosiddetta leggenda del sandalo. La sera prima della consacrazione, Galla Placidia si rivolse a padre Barbaziano, disperata, perché non erano in possesso di reliquie del santo.

A seguito delle orazioni notturne, i due videro apparire una figura luminosa, dalle sembianze angeliche, che con un turibolo andava incensando la chiesa.

San Giovanni Evangelista aveva ascoltato i loro desideri! Prostratasi immediatamente ai suoi piedi, a memoria della sua visione, all’Imperatrice restò in mano il sandalo del santo.

L’episodio è raffigurato sul portale medievale in stile gotico, risalente al XIV secolo, antistante la Chiesa.

Per farmi capitolare definitivamente ai piedi di questa città dal fascino indiscusso non mancava che la ciliegina sulla torta. Scoprire la leggenda del latin lover ante litteram Guidarello Guidarelli, la cui lastra tombale è ospitata all’interno del Mar, Museo d’arte della città di Ravenna.

Condottiero italiano al servizio di Cesare Borgia, Guidarello è protagonista di una leggenda che vuole che le donne che ne bacino la statua si sposino entro l’anno, mentre le donne già sposate partoriranno un figlio “altrettanto bello come il giovane guerriero”.

Paradossale che, mentre donzelle da tutto il mondo corrono pertanto a Ravenna per sperare nell’amore, è spesso l’amore per la sola Ravenna a prendere il sopravvento sul visitatore, più o meno di passaggio, come me.

Ancora affamati… di conoscenza?

A placare definitivamente la vostra fame ci pensa la cucina locale, una cucina di tradizione, in cui il rispetto degli ingredienti recita un ruolo da protagonista.

cappelletti della trattoria al cerchio di ravenna
I cappelletti della Trattoria Al Cerchio

Tra i ristoranti visitati, merita una super menzione La Trattoria Al Cerchio. Vera chicca per gli appassionati di cucina tradizionale del territorio in cui perdersi tra succulenti primi ( indimenticabili i cappelletti della casa) e gustosissimi secondi (consiglio lo stufato di castrato e cardi). A completare il tutto la squisita cortesia e la preparazione dei titolari, che consigliano davvero al meglio i clienti.

Altro piatto must della zona è l’anguilla, declinata in infinite varianti dalle più semplici alle più complesse.

Io le ho provate quasi tutte ma trovo che la versione alla griglia sia la più buona.

Lo so, vi è venuta una gran voglia di visitare Ravenna, non resta quindi che prenotare il vostro soggiorno in questa perla della Romagna.

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